Ridistribuzione della ricchezza.
Nei prossimi decenni il costo dell’energia da fonti non rinnovabili crescerà in misura impressionante di pari passo con i costi ambientali necessari per affrontare la crisi dell’effetto serra, due fattori che stanno per mettere in seria difficoltà l’economia americana. Per la prima volta nella storia di questo Paese dovranno affrontare una questione che riguarda i fini della politica e dell’economia: la ridistribuzione della ricchezza. In passato la questione è sempre rimasta in coda all’ordine del giorno dei problemi nazionali, perché in una economia in continua espansione restavano sempre sufficienti margini di reddito, o comunque surplus disponibili, per poter tacitare o comprare chi restava ai piedi della scala dei redditi. Ai primi sintomi di un riflusso dell’economia, all’inizio degli anni Novanta, la richiesta di una ridistribuzione del reddito iniziò a farsi sentire da varie parti: non erano solo i più poveri ma anche la classe lavoratrice e le classi medie a propendere per una posizione comune nel richiedere di ridistribuire ricchezza e potere. Un quinto della popolazione americana, nella fascia più alta di reddito, consumava il 40% del reddito nazionale. Si trattava della classe che aveva il controllo sui meccanismi organizzativi e istituzionali e cioè in definitiva sulle linee di flusso energetico di tutta la nazione. La lotta tra questa classe e le fasce più povere della popolazione avrebbe potuto accendersi e l’esito dipendere dalla misura in cui ciascun gruppo avrebbe saputo trascinare dalla sua parte il vasto settore dei ceti medi.
Il crollo della borsa del 1987 avrebbe potuto segnare la fine di uno stile di vita e di organizzazione sociale tipico degli anni Ottanta, ma il successivo decennio di ripresa e di continua espansione economica USA ebbe l’effetto di cancellare ogni pessimistica previsione di recessione a livello mondiale precedentemente formulata. Il problema potrebbe però essere stato soltanto rinviato: quando una condizione economica peggiora, aumenta la disparità tra ricchi e poveri, obbligando una società come quella americana ad affrontare il tema della ridistribuzione di ricchezza e potere. In assenza di un’equa distribuzione i lavoratori e gli emarginati rifiuteranno giustamente ogni predica sull’austerità e sui sacrifici economici esattamente come le nazioni del Terzo Mondo inveiscono contro i Paesi ricchi quando predicano loro il vangelo dei limiti.
In natura, quando un elemento di un ecosistema cresce e si moltiplica in maniera sproporzionata alla sua funzione naturale nei confronti degli altri elementi, finisce per derubare le altre forme viventi di quel tanto di entropia negativa, cioè di energia disponibile, che a loro serve per sopravvivere, e con questo mette in pericolo la continuità dell’intero ecosistema. Lo stesso avviene nella società umana: quando alcuni individui o organizzazioni prelevano per se stessi quantità esagerate di energia disponibile. Il massiccio accumulo di ricchezza e di potere sottrae al resto dei membri della società l’energia che a loro serve per sopravvivere. La storia insegna che ogni qualvolta l’energia disponibile in una società, cioè la sua ricchezza, si trova così concentrata nelle mani di pochi individui o organizzazioni da impoverire e porre a rischio di sopravvivenza tutti gli altri, la società crolla o si avvia a una rivoluzione, oppure si verificano entrambe le cose. Mentre la natura può affidarsi a leggi biologiche di autoregolazione per ricostituire l’equilibrio, la società umana dovrebbe potersi affidare a principi di giustizia economica per ottenere gli stessi risultati.
La necessità di rallentare il processo entropico richiede di minimizzare i flussi energetici ma anche di ridistribuire queste quantità ridotte di energia nel modo più equo possibile tra tutti i membri della società. Se i due processi non vanno avanti contemporaneamente è improbabile che si possa mantenere l’ordine sociale esistente nel periodo di transizione verso una nuova base energetica.
Nel caso che non si verifichi una radicale redistribuzione della ricchezza, ogni discorso per la riduzione dei flussi energetici e per far fronte ai limiti biologici del nostro pianeta, comporterà che i più ricchi ricacceranno per sempre i poveri nella loro condizione di sottomissione e servitù.
Questa condizione sociale, fondata su di un disequilibrio economico e sociale molto accentuato e protratto nel tempo, diventa portatrice di destabilizzazione, di conflitto, di atti a demolire ed ad abbattere, per ricostruire nuovi sistemi di governo.
Parte tratto dal libro “ENTROPIA” di Jeremy Rifkin con la collaborazione di Ted Howard.